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Customer satisfaction e customer loyalty

 Anche se secondo alcuni non si dovrebbe attuare un automatico collegamento tra customer satisfaction e customer loyalty, è indubbio che, almeno nell'ottica del consumatore, la soddisfazione è la normale condizione per la fedeltà. La customer satisfaction rappresenta praticamente la percezione che il consumatore ha di aver speso bene il suo denaro dopo aver usufruito del servizio. Naturalmente in questo contesto vanno assolutamente tenute in considerazione le aspettative che il cliente aveva prima dell'acquisto e che nel settore dei servizi hanno un peso notevole sia per le decisioni stesse inerenti l'acquisto, sia durante l'erogazione del servizio, sia come memoria emotiva del cliente sul suo prossimo acquisto e soprattutto sulla "pubblicità" che ne farà con il classico "passaparola". In realtà nel settore dei servizi questo nuovo orientamento verso la soddisfazione del cliente è reso ancora più difficoltoso dal fatto che in passato le imprese di servizi hanno potuto godere di condizioni di mercato tutto sommato agevoli, con modesta o nulla concorrenza. Un contesto del genere sicuramente non spronava l'impresa a ricercare un'innovazione tale, come quella che la customer satisfaction rappresenta, da doversi impegnare e soprattutto da dover investire in tal senso. Questo ha finito per generare un tipo di cultura aziendale sostanzialmente conservativa e non eccessivamente propensa al rischio, con una logica manageriale orientata soprattutto alla ricerca dell'eventuale minimo danno più che all'eventuale massimo risultato. L'attuale contesto competitivo però, richiede alle aziende una mentalità e un modo di agire differente rispetto al passato. Si chiede loro, infatti, di comprendere meglio la realtà nella quale si trovano a vivere, di prevedere possibilmente quale sarà la direzione futura, di adattarsi alle nuove circostanze ma soprattutto in alcuni casi di anticiparle, perché è sempre più indispensabile una logica di innovazione che permetta la sopravvivenza in un ambiente così instabile e turbolento. Le imprese di servizi non possono più fare orecchie da mercante, perché questo messaggio sottile, ma significativo, forse è rivolto più che mai a loro. Sono stati elaborati vari modelli per spiegare cosa crea soddisfazione nel consumatore; uno di questi è il "modello Bitner" (1990), basato sul legame tra service encounter o momento della verità e qualità percepita. In particolare il modello può essere diviso in tre parti, ognuna delle quali contiene tappe e principi fondamentali: 
1.    L'attitudine agisce sulle attese circa i risultati di un dato service encounter; sulla
percezione dei risultati agisce il marketing mix dell'impresa; la prima reazione è nel confronto tra le attese circa il servizio e le prestazioni percepite (del servizio stesso) da parte del cliente. Il confronto dà luogo a conferma/non conferma.
2. Il cliente fa una diagnosi della conferma/non conferma, andando nella propria mente alla ricerca delle cause, dalle quali dipende il livello di soddisfazione/insoddisfazione e quindi i comportamenti successivi.
3. Dalla valutazione della qualità percepita possono emergere tre componenti: word of mouth; passaggio ad un altro servizio; resta fedele al servizio.



Attualmente quindi il nuovo orientamento del marketing non si occupa più di consumatori considerati come una massa o come una serie di segmenti, ma crea con loro relazioni e li considera interlocutori. Sempre più spesso le offerte di servizi assumono la forma di contratti, razionalizzando quello che T. Parsons, negli anni '60, chiamava «impegno reciproco» e di cui si parlerà meglio più avanti.

Dal canto suo R. Normann (1984), uno dei più autorevoli rappresentanti dello strategic management, definisce «rafforzamento del rapporto con il cliente questa tendenza delle transazioni e della creazione di valore a passare dal modello "navi che si incontrano nell'oceano" ad un modello di relazioni più a lungo termine», aggiungendo inoltre, con un'affermazione quasi premonitrice, che «con una intensificazione di questo rapporto, il contatto con il cliente e il mantenimento del rapporto con il cliente diventeranno il fulcro strategico dell'impresa»
Quando si parla di mantenimento del rapporto col cliente, non si può non fare riferimento al concetto di fedeltà che ne giustifica e ne concretizza il significato. In realtà quando si parla di fedeltà il primo rapporto che viene alla mente è quello fra due innamorati, due partner che si promettono amore, fedeltà e lealtà reciproca.
Ma a ben guardare, quello che accade ad una coppia intesa nel senso più comune del termine, avviene anche tra un cliente e un fornitore. Dalla fase della conoscenza, a volte casuale a volte mediata da altre persone; alla fase del corteggiamento che permette ad entrambi di farsi conoscere e di stabilire un primo approccio relazionale; a quella in cui il rapporto si consolida e allora al centro dell'attenzione c'è solo l'altra persona; passando per l'immancabile fase della crisi, dove ad uno dei due partner vengono dubbi, dove uno dei due partner inizia a guardasi attorno e a conoscere nuova gente; per arrivare poi alla fase finale, quella in cui o si è superata la crisi e si resta fedeli al partner originario, oppure si chiude il legame e si spezza la relazione. Ebbene, secondo G. Pellicelli (1997), un cliente è fedele se: ripete l'acquisto; resta per lungo tempo nella cerchia dei clienti dell'impresa; ha aderito a programmi di fedeltà e spende più di altri clienti.
Ma forse questa analisi non basta a stabilire davvero cosa crea quel rapporto tanto importante per un'impresa definito customer loyalty e che sta incontrando sempre più sostenitori nel suo divenire. Un'interpretazione più completa è offerta invece da Field (1996), che scompone il concetto di fedeltà e ne identifica sei diversi tipi a seconda che essa si basi su:
Emozioni: è quella che ha i legami più forti; i clienti si sentono parte dell'impresa; trascende i motivi legati al prezzo, alle prestazioni o ai benefici ottenuti dal servizio.
Prezzo: è motivata dal desiderio di pagare meno di altri; è vulnerabile ai continui attacchi di imprese che adottano la stessa politica, perciò non può mai essere in grado di differenziare veramente.
Incentivi di lungo termine: premiano i clienti per i loro acquisti ripetuti, permettendo anche all'impresa di acquisire informazioni personali sui clienti stessi da usare per varie forme di marketing.
Monopolio: i clienti sono fedeli in quanto non hanno scelta, soprattutto nei servizi pubblici; occorre invece monopolizzare le relazioni con i clienti.
•    Inerzia: i clienti non soddisfatti delle prestazioni di un fornitore di servizi, spesso non lo abbandonano per pigrizia.
•    Servizi: dare più servizi, più valore ai clienti. Seguendo tale impostazione, ne consegue che per un'efficace gestione del marketing e più precisamente per la sua basilare relazione con l'esterno e quindi con il cliente, assume importanza il legame emozionale che si instaura tra le due parti e che in un certo qual modo rende tutti gli altri elementi semplicemente poco influenti rispetto alla sua presenza. In effetti se il rapporto tra impresa e mercato, o più nello specifico, tra fornitore e cliente, si fonda su una relazione di scambio reciproco che inizia con una conoscenza, si basa su una interazione e si rinforza con la fedeltà, questo altro non è che un tipo particolare di rapporto umano e come tale andrebbe analizzato in tutte le sue componenti più importanti, a cominciare da alcune competenze relazionali che permettono di mantenere il rapporto in maniera positiva e farlo durare più a lungo possibile.

Fonte: [1]

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